Città del Vaticano , lunedì, 12. maggio, 2025 18:00 (ACI Stampa).
Papa Leone XIV ha incontrato oggi la stampa. É una udienza che si potrebbe definire "di tabella" per l'inizio del Pontificato.
E' stato Paolo VI ad iniziare la consuetudine. Era il 29 giugno del 1963. Un testo con uno stile che oggi magari non farebbe breccia, ma da figlio di giornalista pensava che ovviamente il mondo avesse bisogno di un indirizzo. Con "una duplice speranza nel cuore; e cioè che il messaggio cristiano, del quale siamo i banditori più interessati e più responsabili, ha in se stesso una virtù d’irradiazione e di persuasione, che non si commisura con i mezzi, spesso tanto inferiori alla dignità e ai bisogni del messaggio stesso, ma dal suo intrinseco carisma di verità".
Nel 1978 Luciani, abituato egli stesso a scrivere sui giornali e sa quali sono i pericoli, anzi "i rischi di massificazione e di livellamento, che tali mezzi portano con sé, con le conseguenti minacce per l'interiorità dell'individuo, per la sua capacità di riflessione personale, per la sua obiettività di giudizio. Ma sappiamo anche quali nuove e felici possibilità essi offrano all'uomo d'oggi, di meglio conoscere ed avvicinare i propri simili, di percepirne più da vicino l'ansia di giustizia, di pace, di fraternità, di instaurare con essi vincoli più profondi di partecipazione, di intesa, di solidarietà in vista di un mondo più giusto ed umano. Conosciamo, in una parola, la mèta ideale verso la quale ognuno di voi, nonostante difficoltà e delusioni, orienta il proprio sforzo, quella cioè di arrivare, attraverso la « comunicazione », ad una più vera ed appagante « comunione ». E la mèta verso la quale aspira, come ben potete comprendere, anche il cuore del Vicario di Colui, che ci ha insegnato ad invocare Dio come Padre unico ed amoroso di ogni essere umano". Lo dice ai giornalisti il 1 settembre del 1978. E come vediamo non ci sono stati tanti cambiamenti nella situazione della comunicazione.
Il 21 ottobre del 1978 sarà Giovanni Paolo II ad incontrare la stampa. E ancora propone la questione di come raccontare gli eventi ecclesiali che "sono inoltre più difficili a farsi cogliere per coloro che li guardano, lo dico col massimo rispetto per tutti, al di fuori di una visione di fede e ancor più a essere espressi per un largo pubblico che ne percepisce difficilmente il vero senso. Per voi è quindi necessario suscitare l’interesse e l’ascolto di quel pubblico, mentre le vostre agenzie vi domandano spesso e soprattutto qualche cosa di sensazionale. Alcuni sono allora tentati di rifugiarsi nell’aneddoto: è concreto e può essere molto valido, ma a condizione che l’aneddoto sia significativo e in rapporto reale con la natura del fatto religioso. Altri si lanciano coraggiosamente in una analisi approfonditissima dei problemi e delle motivazioni degli uomini di Chiesa, con il rischio di rendere conto in modo insufficiente dell’essenziale, che, lo sapete, non è di natura politica ma spirituale: in definitiva, da quest’ultimo punto di vista, le cose sono spesso più semplici di quanto non s’immagini: oso appena parlare della mia elezione!"
Si arriva a Benedetto XVI e sono passati quasi 30 anni. Siamo al 23 aprile 2005, e il Papa teologo affronta i media. E citando i testi dei predecessori dice: "Non si può poi non porre in evidenza il bisogno di chiari riferimenti alla responsabilità etica di chi lavora in tale settore, specialmente per quanto riguarda la sincera ricerca della verità e la salvaguardia della centralità e della dignità della persona. Solo a queste condizioni i media possono rispondere al disegno di Dio che li ha posti a nostra disposizione "per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno"".